La pianta del diavolo : la madragola

Afrodisiaco, amuleto, rimedio contro la licantropia, erba medicamentosa per ottenere un riposo profondo o per aumentare la fertilita’, tra proprieta’ vere e presunte la mandragora (o mandragola) e’ stata per secoli l’ingrediente principale di pozioni magiche e rimedi di svariata natura. Lunga e’ la storia di questa pianta erbacea di probabile origine persiana ricca di alcaloidi che le conferiscono proprieta’ allucinogenogene. Esternamente la mandragola non e’ poi cosi’ diversa da una qualsiasi altra pianta della sua specie: alta circa 30 cm, foglie a rosetta, fiori peduncolati e frutti a bacca. La sua radice bitorzoluta e ramificata, tuttavia, la contraddistingue in maniera unica. La forma antropomorfa di questa ha infatti contribuito alla nascita di storie e leggende avvolgendo la mandragora di un’aura di mistero. Per molto tempo, a causa della forma “umanoide” delle sue radici, fu considerata una creatura a meta’ strada tra il regno animale e quello vegetale, suscitando curiosità, paura e reverenza.

Nel Libro della Genesi (G 30,14) è usata come espediente da Rachele per concepire i figli di Giacobbe, nella mitologia greca Circe e Afrodite la usano come afrodisiaco, nel Medioevo diventa oggetto di riti stregoneschi, mentre per gli alchimisti sara’ ingrediente indispensabile per ottenere il passaggio dal regno umano a quello animale. Conosciuta sin dall’epoca romana, e’ da sempre oggetto di miti e leggende, tanto sui suoi poteri, quanto sulle modalita’ di caccia e raccolta. Secondo le credenze popolari infatti era un essere schivo, che tendeva a nascondersi e, come vedremo, si diffuse una certa ritualita’ per riuscire a catturarla senza subirne le urla distruttive e pericolose per il timpano umano.

MANN – DRAGEN: LE ORIGINI

L’origine etimologica è molto dibattuta. La teoria più accreditata fa risalire l’origine del nome al termine persiano mardum-giâ traducibile con  “l’erba dell’uomo”. Lo stesso riferimento simbolico si ritrova anche nell’origine medievale della parola tedesca con la quale veniva indicata la pianta: mann-dragen (“figura di uomo”). Secondo altre ricostruzioni la parola greca μανδραγόρας porterebbe in sé la radice sanscrita “MAD-” ossia inebriare.
Non è un caso che entrambe le etimologie rimandino alle caratteristiche principali della mandragola, quelle che hanno contribuito a creare e alimentare i miti che aleggiano attorno ad essa: la sua forma antropomorfa e i suoi presunti “poteri”.

Secondo la leggenda, la Mandragola spuntava spontaneamente nel terreno dove erano cadute le gocce di sperma o di urina dei condannati a morte per impiccagione, specie se innocenti. Pare inoltre che essa porti con sè la sofferenza strappata ai condannati al momento della morte, ragion per cui si ritiene pericolosissimo raccoglierla: le sue urla potrebbero condurre alla paralisi o alla follia (se raccolta da neonata), o addirittura alla morte (se raccolta da adulta).

LA MANDRAGORA IN MEDICINA : la radice che uccide e guarisce

Le testimonianze sull’uso medicamentoso della mandragora riguardano soprattutto le sue capacità di causare un sonno profondo e ristoratore, con effetti anestetizzanti, sia che la sua radice venga posta nella camera dove il paziente dorme, sia che venga mescolata al cibo oppure cotta nel vino. Questo e’ dovuto alla presenza nella radice di due potenti sostanze psicoattive: allucinogeni e alcaloidi tropanici ad azione anticolinergica.

Citata dallo stesso padre della medicina Ippocrate che, come numerosi suoi contemporanei, ne descriveva le proprietà anestetiche e analgesiche. Anche la sua azione psicotropa era ampiamente riconosciuta, così come gli effetti dannosi del sovradosaggio. A tal proposito, Discoride, medico e botanico del I secolo d.C., avvertiva “prendetene troppa e il vostro sonno da ristoratore diverra’ invece eterno.” Fu sempre discoride a descrivere per la prima volta una mandragola “maschio” e una “femmina”. Oggi sappiamo che si stava riferendo a due diverse specie, Mandragora officinalis e Mandragora autumnalis, ma all’epoca le differenze nel colore e nella dimensione erano attribuite al presunto genere della pianta.


Più difficile da definire, invece, è l’origine della leggenda che vuole la mandragora come propiziatrice della fertilità, mito presente in numerose tradizioni popolari le cui tracce si trovano anche nell’Antico Testamento. Nel Libro della Genesi (G 30,14) è usata come merce di scambio tra Rachele e Lia per sedurre e concepire i figli di Giacobbe. Numerosi scritti spiegano come ottenere i risultati desiderati: annusando le bacche oppure lasciando macerare la radice nel vino o ancora facendola cuocere o bollire.

Nel Medioevo queste credenze si accostarono alla cosiddetta dottrina delle segnature, secondo cui una pianta che assomiglia a una certa parte del corpo poteva essere usata per guarire i malanni a quella stessa parte. Visto che la mandragola era ritenuta assomigliare a un corpo umano completo, si pensava che potesse esercitare un controllo su tutto l’organismo, sull’amore e sul concepimento, ma anche portare fortuna, ricchezza e benessere. Se la donna desiderava concepire, una radice di mandragola a forma di bambino veniva fatta scivolare sotto i cuscini ogni notte. Una mandragola a forma di donna e tenuta in tasca poteva aiutare un uomo a far innamorare l’amata. Per tutta l’ Europa, medievale donne e uomini cercavano le mandragole per risolvere i propri problemi, e i truffatori ne approfittavano producendone di contraffatte. Procurarsi le mandragore era così difficile che vi erano parecchi falsari che ricavavano le mandragore scolpendo e tingendo altre radici per renderle somiglianti alla pianta magica. In Germania ne furono presi e impiccati tre.

A partire dal 1500 l’aura magica che circonda la mandragola inizia a scemare. Nei suoi Discorsi il medico senese Pietro Andrea Mattioli commenta le opinioni di illustri botanici riguardo alla mandragola, riportando si le proprietà analgesiche, anestetiche e ipnotiche della pianta, ma definendo come favole per stolti le credenze secondo le quali un demone vivesse nella sua radice.

Ridimensionata nella sua sfera magica , la mandragora persistette nella farmacopea occidentale sino al XVI secolo per subire poi un declino verso la fine di questo secolo e soprattutto a partire dal XVIII. Nel suo celebre Trattato Universale delle droghe semplici, del 1738 Nicolas Lémery la raccomandava ancora da utilizzarsi con un olio allo scopo di far diminuire le infiammazioni e come antidolorifico.

Raccogliere la mandragora: istruzioni per l’uso

Una radice dalla forma umanoide che pare esser stata creata dal diavolo in persona, pianta magica dai poteri sconosciuti e dagli effetti nefasti, che porta alla pazzia quando acerba e alla morte se adulta, non poteva che richiedere particolari accortezze per essere raccolta e utilizzata. Infatti, sono stati diversi nel corso della storia i precetti relativi alla ricerca e alle pratiche per raccoglierla contenuti nei manoscritti che si presentano come dei veri e propri manuali con istruzioni per l’uso e pratiche per la coltura.

Sin dall’epoca dei Romani, era diffusa la credenza che le radici della pianta ospitassero un demone. Sradicandola, l’urlo del demone, al momento di uscire dalla terra, sarebbe stato così lancinante da causare la morte di chi si trovasse nei paraggi. Si suggeriva quindi di raccoglierla di vennerdi al tramonto disegnando 3 cerchi intorno la radice, e dopo aver fatto urinare una fanciulla sul terreno, di farle raccogliere la pianta guardando ad ovest.

Se invece si voleva evitare che fossero mani umane a toccarla, le fonti del botanico greco Teofrasto di Lesbo nel suo Historia Plantarum e di Plinio il vecchio testimoniano un metodo diverso per estrarre la mandragola senza rischiare la vita: dopo aver coperto le orecchie per evitare la pazzia, e aver versato del sangue di mestruo o dell’urina di una fanciulla sul terreno, si tracciano tre cerchi eseguiti con ramo di salice intorno alla pianta ( diventeranno tre segni della croce con la spada in epoca Medievale ), la si legava con una corda al collo di un cane in modo che il maleficio colpisse lui. Il cane veniva poi fatto correre per dissotterrarla fino a estirparla. L’animale , sentendo le urla lancinanti della radice, sarebbe morto portando con se’ il maleficio. Il raccoglitore, che si era messo al sicuro tappandosi le orecchie, poteva ora toccare la radice e raccoglierla senza alcun rischio.

Estrazione e rituali medievali

Nel Medioevo per raccogliere la mandragora occorrevano una spada e un cane nero, premurandosi di accingersi alla raccolta prima che la pianta assumesse sembianze umane vere e proprie (cosa che avveniva, secondo la leggenda, se le si dava il tempo di maturare sotto il terreno).

La mandragora tendeva a nascondersi quando si avvicinava qualcuno, motivo per cui era molto difficile procurarsela. La prima cosa da fare, quindi, era imedirle di scappare tracciando con la spada tre cerchi per terra (in alcune verisoni si parla di tre segni della croce), tenendo lo sguardo sempre rivolto a occidente. Nel frattempo, un compagno doveva danzare e cantare elogiando le proprietà afrodisiache della radice (questo sia allo scopo di distrarre la pianta dalla fuga, che di potenziarne gli effetti). Eseguita la prima parte del rituale, si poteva iniziare a scavare, rimuovendo la terra attorno alla radice, facendo attenzione a non strapparla del tutto. Per completare l’opera occorreva legare saldamente la radice alla coda del cane, rigorosamente di colore nero. La leggenda dell’urlo della mandragola, secondo cui la radice emette un grido acutissimo e spacca-timpani quando sollevata dal terreno, aggiungeva un elemento di gran pericolosità a questa figura mitica. Chi la raccoglieva, infatti, sarebbe morto sul colpo a causa dell’intensità dell’urlo. Si diceva che l’unico modo per sradicare con sicurezza la mandragola era riempirsi le orecchie di cera, e legare la radice alla coda di un cane. Lanciando un boccone prelibato al cane, questo avrebbe spiccato un balzo estraendo cosi’ la mandragola. Il lamento acutissimo della radice uccidera’ il cane, ma la cera salva gli umani dal tormento.

Dopo l’estirpazione la pianta veniva purificata in un bagno di vino rosso, e poi conservata e alimentata di sangue e sperma, qualora si volessero aumentare le proprie ricchezze le si doveva mettere accanto una moneta d’oro

Nel Medioevo il mito della mandragola si arricchisce di ulteriori significati: da potente ingrediente per numerose pozioni magiche fino a pianta infernale. La riscoperta dell’esoterismo contribuisce a diffondere tali credenze e la mandragola diventa un elemento fondamentale nei tentativi di maghi e alchimisti di ricreare la vita partendo dalla materia inanimata. Le mandragore venivano utilizzate come ingrediente per unguenti che consentivano la trasformazione in animali. È in questo periodo che nei testi alchemici si diffondono miniature e immagini che ritraggono la pianta e la sua radice con delle vere e proprie sembianza umane; le foglie e i fiori a ricordare la capigliatura mentre la radice con la sua caratteristica biforcazione a richiamare il tronco e le gambe del corpo umano.

Molti testi di alchimia la raffigurano con le forme di un uomo o di un bambino. Era considerata una creatura a metà strada tra il regno vegetale ed animale, capace di trasformare l’uomo in bestia. Più di ogni altra pianta rappresenta il senso cosmico dello stretto rapporto tra l’uomo e la natura e la possibilità del loro mescolamento.

I mille volti della mandragola nella cultura moderna e contemporanea

Dato il suo grande rilievo nel folklore, la mandragora ha ispirato numerosi artisti, poeti, autori teatrali e scrittori divenendo un vero e proprio topos letterario e, fino ai igorni nostri, anche cinematografico.

Un esempio e’ la commedia “Mandragola” di Niccolò Machiavelli. L’opera, composta da un prologo e cinque atti, è una potente satira sulla corruttibilità della società italiana dell’epoca ed e’ considerata il capolavoro del teatro del Cinquecento, un classico della drammaturgia italiana.

La misteriosa e leggendaria radice fa la sua comparsa anche nella pittura, facendo capolino nella tela del pittore inglese preraffaellita, Robert Bateman (1842–1922) in un’opera intitolata «Three people plucking mandrake». Nel dipinto sono raffigurate due giovani donne intente a estrarre con delle corde sottili una radice di mandragora. Del resto, Bateman conosceva a fondo il mondo vegetale – e le sue leggende – essendo figlio di un orticoltore proprietario terriero che costruì lo splendido giardino paesaggistico di Biddulph Grange, nello Staffordshire.

Mandrake (mandragola in inglese) diventa anche il nome di un famoso personaggio dei fumetti, un mago ideato da Lee Falk e disegnato da Phil Davis, che fece il suo esordio sui quotidiani statunitensi nel 1933. Si trattava di un elegantissimo e benefico mago al quale, nel periodo di maggior successo, tra gli Anni 40 e 50, venne anche dedicata una serie di film.

Dal mito della mandragola, come anticipato, ha attinto anche il cinema. In particolare ad essere ripreso e’ stato la “leggenda dell’homunculus“, la credenza secondo la quale la radice di mandragola potesse essere allevata come un piccolo essere umano dotato di straordinari poteri. Un esempio fra tutti e’ il Faust di Sokurov in cui il dramma Goethiano viene rinterpretato e inserito come terzo atto di una tetralogia sul potere. Qui questa creatura deforme, che ricorda la rappresentazione medievale della mandragola ma anche i mostri dei quadri di Bosch, saltella come un folletto e accompagna il girovagare di Faust, pungolandolo di continuo con risatine beffarde. Quello che l’homunculus incarna nella pellicola e’ l’utopia umana di riuscire a creare la vita creando l’uomo per mano dell’uomo, sebbene il risultato sia nefasto.

Del 2006, «Il labirinto del fauno», è un altro film in cui viene descritta una delle caratteristiche leggendaria della mandragola. La radice viene posta da Ofelia, la bambina protagonista, sotto il letto di sua madre Carmen, caduta malata per farla guarire. Allevata con latte e sangue dalla bambina, la radice eserciterà il proprio potere curativo sulla degente.

Piu’ recente, e’ la mandragola che fa la sua comparsa in Harry Potter dove la professoressa Sprout insegna agli studenti come estrarre e poi rinvasare le giovani mandragole durante le lezioni di erbologia sotto o sguardo insieme incuriosito e timoroso dei ragazzini.

Chiude l’elenco di questa breve carrellata il simpatico personaggio del telefim italiano degli anni ’90 Fantaghiro‘ dove la radice viene chiamata “pianta dei desideri” e incalza la protagonista durante le sue imprese per tutto il corso della storia.

La pianta dei desideri (mandragola) in Fantaghiro’ 5, serie tv italiana del 1996

Lascia un commento